lunedì 12 novembre 2012

LA MENTE

Parecchie sere fà ho acceso la tv.
Lo faccio molto di rado.
In quel momento ho visto le scene di quell'uomo ricoverato in un
ospedale per un trattamento psichiatrico,  morto dopo
essere stato legato ad un letto 4 giorni senza mai mangiare, nè bere.
Da brivido!
Mi sono messa a piangere.
Ho pianto per lui, per gli infermieri che non hanno reagito e per i medici
che non sono stati capaci di fare il loro lavoro, aiutare e salvare le persone.
Ho pianto per i ricordi che mi sono piombati addosso, per quello squarcio
nella mia memoria che ha riportato a galla momenti difficili.
Mi capita a volte di chiedermi che senso ha la mia vita e non so trovare
una risposta, ma in momenti come questo mi ricordo che anni fà avevo
dei compiti.
Uno di questi era aiutare una zia, sorella di mia mamma, di due anni più giovane
di lei.
Una donna con una vita difficile alle spalle, si era ammalata all'età di pochi anni,
e aveva subito diverse operazioni che l'avevano resa claudicante.
Cresciuta in una famiglia dove c'era grande miseria, seconda di otto figli, all'età
di 7/8 anni era stata mandata a servizio presso una famiglia.
Significava fare la schiava.
Mi raccontava che in inverno doveva lavare panni su panni con l'acqua congelata
e alla notte non poteva dormire perchè doveva buttare su il carbone in una
grande stufa che mandava il calore al piano superiore dove la famiglia "ricca"
dormiva.
Non so quante angherie ha subito e se fra queste ci siano state anche violenze
sessuali.
Mia zia era una donna bellissima.
I miei zii ( suoi fratelli ) dicevano che era bella ma che aveva un cervello di gallina.
Aveva corteggiatori a non finire, forse anche perchè credeva nell'amore " libero ".
Preda troppo facile!
Gli esaurimenti, da amori finiti male, hanno cominciato a pesare sulla sua mente.
Non si è mai sposata e non ha mai avuto figli.
Nessuno si è mai preso troppa cura di lei, e quando ha cominciato a dare segni
evidenti di squilibrio è stato forse troppo tardi.
Abitava nel mio stesso paese ed ero io che correvo, quando a mezzanotte o all'una,
qualche buon'anima telefonava a casa dicendo che mia zia stava urlando e piangendo
per le vie del paese.
Tutti i giorni andavo da lei per farle prendere le medicine, blandendola, o supplicandola
che era per il suo bene se si curava.
Non c'erano motivazioni che valessero ,lei non era matta e non voleva curarsi.
Io andavo in tilt, la mia mente non voleva capire che lei non era in grado di fare quello
che le dicevo perchè era malata.
Ma è così difficile scontrarsi contro dei muri, a volte ti verrebbe di urlare a squarciagola.
Si sentiva perseguitata da tutti, i suoi pensieri erano a senso unico.
Una notte, tornando a casa da una qualche uscita con amici, aprii il garage e la trovai
là al buio seduta su una cassetta della frutta.
Un incubo.
Per lei parecchi.
Poi arrivò la camicia di forza.
Non lo auguro a nessuno di assistere ad una scena del genere.
Mentre lo scrivo rivivo dolorosamente tanti momenti.
Gli psicofarmaci sono una benedizione? Una maledizione? Non so cosa dirvi.
I tentativi di capire farmaco e dosaggio giusto ebbero su di lei effetti spesso negativi.
Si diventa delle larve umane, con la bava alla bocca, tremolii continui alle gambe,
con la necessità di essere lavati, vestiti ed imboccati.
Poi a volte una luce in fondo ad un tunnel, la cura funziona e ritorna una parvenza
di normalità.
Gli ultimi anni  della sua vita li ha passati in una casa di riposo ed io mi sento ancora in colpa.
E' morta un mese dopo mia mamma, sola.




17 commenti:

  1. Cara Loretta, ho letto con il mio cuore quello che tu hai scritto con tutto il tuo cuore.Non so perchè tanto dolore possa accadere nella vita di alcune persone.Un pensiero di affetto e comprensione per te,per il passato di cui parli e che da come ne parli è acora vivo e lacerante. Incredibile nel presente dimenticarsi di nutrire un malato... sembrerebbe una cosa impossibile.


    Un abbraccio,Rita.

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  2. Un post da pelle d'oca...non riesco a capacitarmi come nel 2012 possono accadere queste cose

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  3. I sensi di colpa non ti serviranno a farla tornare a vivere meglio... da quello che ho letto mi pare che tu abbia fatto tutto quello che eri grado di fare!
    Le malattie mentali son le peggiori, sia per chi le vive e per chi le assiste!
    Non essere triste...
    Ti abbraccio!

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  4. La malattia mentale è secondo me la più dolorosa e devastante. Non so spiegarmi la ragione per cui ancora oggi ci sia tanta sofferenza, sono stati fatti grandi passi ma ancora questa malattia non è stata sconfitta. Anche io ho avuto una zia con questi problemi e la sua famiglia ha dovuto vivere a contatto con questa devastante sofferenza. Ti sono vicina nel ricordo e nel dolore. Sperando davvero che in futuro le cose migliorino.
    un bacio

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  5. La zia è morta sola
    non ci sono colpe per chi muore solo
    si muore soli perchè non c'è nessuno con cui condividere la morte
    si muore soli sempre, tutti
    solo in guerra e nelle epidemie c'è una morte collettiva
    che non è meno disperata di una morte da soli.
    Ma per chi vive solo allora si,
    lì abbiamo colpe
    non diovremmo permettere a nessuno di vivere soli
    e poteremmo anche farlo
    ma siamo uomini ed egoisti
    e viviamo soli facendo finta di essere in compagnia.

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  6. Cara Loretta, che ricordi dolorosi! Non so per te, ma a me mi si affollano quando cerco di addormentarmi e quando mi sveglio. Noi abbiamo avuto un amico così e abbiamo cercato di aiutarlo per qualche anno. Poi abbiamo dovuto rinunciare, ci vogliono anche delle competenze per aiutare i malati psichiatrici senza farsi travolgere.Se ci ripenso penso di essere stata piuttosto incosciente a farlo, all'epoca, rischiando di danneggiare le mie bambine. La mia figliola me l'ha detto qualche giorno fa che ho sbagliato portando in casa gente che non stava bene di testa. Ora non so che faccia Massimo, non l'ho più visto vagare per la città stordito e confuso. Non mi riconosceva più.

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  7. solo una grande abbraccio e un pensiero per tutti quelli che...

    ciao ross

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  8. Che triste esperienza. Da quel che riesco a capire, la zia s'è ammalata perchè era sola. E' morta di terribile solitudine perchè nel suo mondo non è riuscito ad entrare nessuno. Non sentirti in colpa, Loretta... pensa che hai fatto quel che potevi e basta. Pensala in pace, dalle adesso quella serenità che non ha trovato in vita. Non metterle anche il fardello della tua tristezza... non lo meritate.
    La vita è un grande mistero e così, quando mi capita di pensare a persone e fatti misteriosi/dolorosi li metto nel limbo. Lo faccio dopo essermi torturata ma poi sto meglio, il passo successivo, quello a cui sto lavorando, è di non passare attraverso la camera di tortura. ;)
    Ciao Loretta, sei una bella persona, guardati...

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  9. Oh, I only just translated. How very hard and sad. Sending kind warm thoughts.

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  10. Ho scoperto il tuo blog solo ora, attraverso quello di Sara.
    Che dire: una storia struggente, straziante per chi la vive e per chi la subisce.
    La malattia psichiatria è un fardello pesantissimo e dura tutta la vita, la sua origine forse derivava da una vita di violenza psicologica.
    Il nostro destino di donne non deve essere per forza subire.
    Qualunque cosa tu abbia fatto per lei, l'hai aiutata.

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  11. Cara Loretta, che storia triste e dolorosa!! Diresti quasi una vita sprecata... rovinata da persone incompetenti? È difficile dirlo. Però immagino che peso e che sofferenza anche per te. Quando sento queste storie, l'unico pensiero che mi consola e mi aiuta a trovare un senso, è che le anime fanno un percorso e che per farlo si scelgono quella vita.
    Credo che tu abbia fatto tantissimo per questa zia, tu c'eri e questo l'ha resa di certo meno sola. Non penso che tu debba farti dei sensi di colpa. Hai fatto quello che hai potuto Loretta.
    Ti abbraccio!
    Cinzia

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  12. Che tristezza...io avevo uno zio probabilmente schizofrenico, ma non ha subito nulla di tutto ciò. Non era cattivo, non con me, anzi era molto affettuoso. Un bacione! Arianna

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  13. I sentimenti che trasmetti con questo racconto così toccante e coinvolgente sono come dei fiori sulla tomba di quella persona, che ha vissuto nel segno della fatica sovrumana prima, del dolore, dell'incomprensione, dell'incubo poi.
    "Mi capita a volte di chiedermi che senso ha la mia vita e non so trovare una risposta", dici, e, al pensiero di esistenze come quella che hai descritto, a maggior ragione viene da chiedersi come sia possibile, e che senso abbia, la vita di ciascuno di noi, se altri, e ce ne sicuramente a milioni anche in questo momento, sono costretti a nient'altro che dolore e umiliazione.

    Il roseto, in questo grigio novembre, si è arricchito di nuove fioriture.

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  14. Grazie per aver letto e commentato questo post,
    che avrei voluto cancellare perchè non mi
    piace espormi più di tanto,
    ma poi ho ascoltato il consiglio di un amico e l'ho
    lasciato al suo posto.

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  15. Leggere un post così diretto e profondo e non commentarlo sarebbe un delitto assoluto.

    Ronald Laing, e in Italia Antonio Basaglia, sostenevano già 40 anni fa che la malattia di mente è una forma inconsapevole di rifiuto di strutture sociali intrinsecamente patogene.

    Gregory Bateson, con geniale sintesi, diceva che lo psicotico è abbastanza lucido da capire che c'è qualcosa che non va, ma non abbastanza lucido da capire (o, si potrebbe chiosare, da ammettere)con precisione che cosa. Quindi è costretto ad esprimere una struggente e radicale protesta che, purtroppo per lui, di solito rincalza ulteriormente i suoi problemi. E' un po' come l'alcolizzato che per dimenticarsi di essere alcolizzato ci beve sopra.

    Chi capisce che qualcosa non va ma capisce anche che cosa, e sviluppa ipotesi sul come affrontare il problema, sarà un ribelle coerente e consapevole. Potrà vincere, perdere o pareggiare ma almeno giocherà la partita. Il malato di mente è come se non trovasse neanche la strada per entrare in campo, qualunque cosa fa o cerca di fare rincalza ulteriormente la sua sconfitta.

    Una volta la malattia mentale era, per molte donne, l'unica evoluzione di una vita svuotata di diritti e di dignità. Qualche superficiale potrebbe dire "una via d'uscita". Quale via d'uscita?

    Il lapidario titolo del tuo post illustra il paradosso di avere nella scatola cranica un prezioso delicato strumento che, se accordato correttamente, può spingere l'essere umano verso qualunque realizzazione e traguardo. Ma se per qualsiasi motivo l'accordatura è sbagliata, magari perché nessuno si prende la briga di insegnartela, quello strumento suona una cacofonica disarmonia e ti regala esclusivamente angoscia e disperazione.



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    1. Interessante e istruttivo il tuo commento.
      Tu dici:
      ( Ma se per qualsiasi motivo l'accordatura è sbagliata, magari perché nessuno si prende la briga di insegnartela, quello strumento suona una cacofonica disarmonia e ti regala esclusivamente angoscia e disperazione), purtroppo ad oggi per quanto riguarda le mie esperienze non c'è insegnamento che tenga per correggere l'accordatura. Andiamo ad esplorare lontani mondi e non riusciamo a scoprire quello che è nelle nostre menti.

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Grazie per aver condiviso un pò del vostro tempo con me.